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TESTO La vita nello Spirito

don Alberto Brignoli  

Pentecoste (Anno B) - Messa del Giorno (27/05/2012)

Vangelo: Gv 15,26-27; 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,26-27; 16,12-15

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

È così comodo avere una religione che ti dica tutto quello che devi fare... Non ti devi proprio preoccupare di nulla: è sufficiente che osservi le norme e i precetti che essa ti indica, e tutto il resto viene da sé. Nessuna responsabilità, nessuna scelta, nessun problema di coscienza: per te, ci pensa lei, la tua religione precotta e preconfezionata, che con una serie di norme di comportamento ti indica cosa devi fare per essere buono e per salvarti. Ciò che è scritto e indicato dalle norme e dai precetti è bene e ti porta alla salvezza; ciò che non è scritto, e viene lasciato alla libera interpretazione della tua personale responsabilità e della tua coscienza può rivelarsi arbitrario ed espressione di un individualismo imperante che ormai ha colpito tutta la società portandola alla rovina. Per cui, è molto meglio evitare libere interpretazioni ed affidarsi alle indicazioni precise ed inequivocabili che la tua religione ti dà: e se le osserverai, sarai salvo, ma se le rifiuterai sarai condannato.

Chiaramente, io non la penso così. Credo in una religione (ma preferisco dire in una fede) che, pur dandomi alcune indicazioni di comportamento, non elimina mai il riferimento principale alla mia coscienza, che nasce dal mio contatto quotidiano (fatto quindi di alti e bassi) con la Parola di Dio e la comunità dei fratelli.

Ma credo pure che un atteggiamento come quello descritto non sia così infrequente in tanti cristiani, anche delle nostre comunità, che confondono la fede con la religione, e in particolare con una religione fatta di un insieme di pratiche, di comportamenti, di norme e di precetti che - compiuti per ciò che essi sono - danno la salvezza e fanno sentire a posto per il solo fatto di essere osservati, al di là dello spirito che li pervade e che, ovviamente, li trascende.

Sì, lo Spirito: la differenza sta tutta lì, nel riconoscere lo Spirito che riempie ogni cosa e le dona senso, forza, vitalità, vita. Ciò che Paolo ci ha narrato nella seconda lettura di oggi è solamente un assaggio di quanto egli ha vissuto, sforzandosi di predicare una vita nello Spirito agli abitanti della Galazia e vedendo che il suo sforzo veniva vanificato da altri, giunti dopo di lui in quella terra, a predicare un Vangelo fatto non di incontro vero con Gesù Cristo, ma di norme, di precetti e di leggi da compiere, molte delle quali tratte da quella religione giudaica che Paolo aveva cercato di superare. Attaccarsi a una lista di leggi da compiere per giungere alla salvezza significava vivere "secondo la carne", ovvero secondo realtà umane che hanno poco respiro, perché si accontentano di poco. La vera fede ti chiede invece di metterci la faccia, di giocare di persona e in prima persona, di assumere con responsabilità l'impegno del credere, oltre e ben al di là di una serie di leggi da compiere. E una fede così, non può che essere frutto dello Spirito.

Le opere della carne - addirittura elencate in quattordici, nella seconda lettura di quest'oggi - per essere sconfitte chiedono a noi necessariamente di costruirci un baluardo, dietro al quale arroccarci per difenderci dagli attacchi del "mondo cattivo". E una religione del precetto e della norma, in questo ci dà una mano. Quasi a dire: "Osserva questi comportamenti, e nessuna opera della carne ti potrà abbattere, nonostante ne venga continuamente provato e tentato". A me questo dà la sensazione di un profondo senso di insicurezza, che pervade la vita di chi vive una religione in questo modo. E l'insicurezza è quasi sempre segno di immaturità umana e spirituale.

Preferisco una vita in cui le certezze e le sicurezze me le costruisco da me, senza il riferimento a delle norme o a dei precetti, ma con il riferimento alla mia coscienza e all'assunzione delle mie responsabilità, che a volte comporta anche delle cadute e degli sbagli (come se le norme e i precetti invece non facessero mai sbagliare), così come la riscoperta della bellezza del perdono. Ma soprattutto, preferisco la vita nello Spirito, quella che ci rende una cosa sola con Dio in Cristo Gesù, come uno solo è il frutto dello Spirito, che diviene poi infinita ricchezza di doni e di virtù. Ciò che allora scende sui discepoli riuniti a Gerusalemme "in un luogo chiuso per paura dei Giudei" non è solo una manifestazione particolare di Dio: è un dono unico, singolare, particolare, che fa scaturire in modo naturale (come il frutto da un albero, appunto) tutte le virtù di cui ogni uomo è capace, se si lascia pervadere dallo Spirito.

Allora, non sarà la formalità di un rapporto sancito da una legge a dire la bontà del mio rapporto con la persona che amo; sarà invece l'amore, che fa belle e nuove tutte le cose, in modi e forme e atteggiamenti che a noi non è dato comprendere fino in fondo, forse, ma dai quali non può che scaturire il bene. Perché l'amore è capace di diffondersi da sé, senza bisogno di leggi.

Non sarà l'austerità e la serietà delle espressioni del mio viso a dire al mondo che prendo sul serio Dio; sarà invece la gioia che esce dal mio cuore e si stampa sul mio sorriso e nei miei occhi a testimoniare che ho scoperto chi davvero conta nella vita.

Non sarà l'inquietudine di avere il controllo della situazione attraverso l'esercizio dell'autorità a farmi sentire sicuro di me stesso; saranno invece sentimenti di pace e di mitezza a rendermi forse più vulnerabile, ma di certo più credibile ai fratelli che mi incontreranno.

Non saranno giudizi e parole di condanna verso il mondo intero a farmi profeta della verità; saranno invece atteggiamenti di benevolenza, di magnanimità e di bontà verso ogni uomo, con tanta parzialità verso i più deboli, a rendermi testimone di un Dio che è Padre più che padrone, Madre più che maestra, Fratello più che superiore.

E non sarà il compimento "alla lettera" delle norme e dei precetti della mia religione a rendermi santo e irreprensibile agli occhi di Dio; saranno invece la fedeltà a lui e il dominio del mio orgoglio a fare di me un uomo o una donna dello Spirito che vive nello Spirito, testimonia lo Spirito, contribuisce a diffondere lo Spirito di Dio nella storia dell'umanità.

Che faccia pure crollare norme, precetti, riti e istituzioni puramente umane; ma che Dio non faccia mai mancare lo Spirito alla sua Chiesa e all'umanità intera!

 

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